La cucina tipica di San Marco, come quella di tutta la
zona locorotondese, ha tradizioni molto antiche. E' basata sul modo di
cucinare dei contadini, quindi è una cucina molto povera che usa
ingredienti forniti dalla terra.
Il principale ingrediente è il grano, tenero o duro. Si prepara il pane
con la farina di grano tenero e con la stessa pasta le friselle e la
focaccia con pomodoro, olio o origano ("a jarie de furne").
Se alla pasta del pane si aggiungono le patate lesse si prepara la
focaccia ripiena di cipolla ("spunzele").
Con la farina di grano tenero poi si fanno i dolci per le feste: i "ficazze
fracete", che sono dei biscotti ripieni di marmellate di cotogne
ed uva; i taralli bolliti e i grossi taralli pasquali fatti con le uova e
ricoperti di "scelèppe"; le cartellate e le pettole con
sopra il miele o il profumato "mirequitt" usato dai
latini mescolato alla neve fresca.
Anticamente per i più piccoli si preparava con la pasta dei taralli
pasquali un dolce a forma di ciambella intrecciata; in esso venivano messe
una o più uova fresche e poi veniva cotto al forno e infine ricoperto di "scelèppe"
e di granella di tanti colori. Questo dolce veniva chiamato "curruculu".
Per preparare la pasta alimentare vengono usati tre tipi di farina: la
semola, la farina integrale ("u riusse") e la farina di
grano tenero. Le paste usate sono: le tagliatelle ("a sagne")
con ragù, sugo di baccalà o ceci, i "frecidde" con i
legumi, e "u tridde" che è un piatto della cucina
borghese. Viene anche chiamato Maltrito: è una pasta fatta in casa e ci
vuole tanto tempo per prepararla. Con la semola di grano duro si impastano
alcune uova e un po' di pecorino, prezzemolo e sale. Si impasta e dopo si
stende. Viene fatta asciugare, e dopo si staccano tanti pezzettini che
vengono fatti asciugare e dopo vengono cucinati e conditi con brado di
tacchino.
Questo piatto veniva consumato a Natale, a Pasqua ma soprattutto veniva
preparato per i parenti di qualche defunto; oppure quando nasceva qualche
bimbo, però era condito con il brodo dei colombi che erano donati dalla
madrina del bimbo appena nato.
Anche le orecchiette ("i recchietedde"), fanno parte
della cucina pugliese. E' una pasta fresca preparata in casa, viene
chiamata così per la sua forma a cupola con la parte esterna ruvida che
assorbe il sapore dei vari sughi, fatti con pomodoro fresco, agnellone e
braciole di cavallo. Oppure condite alla crudaiola o con la ricotta.
Le antenate delle orecchiette sono le chiancarelle ("strascenete"),
perchè sono a forma ovale come le chianche dei trulli. Vengono preparate
con il grano tenero oppure con la farina integrale ("u riusse").
Questo tipo di orecchietta si condisce con cime di rape, pomodoro e
cacioricotta, ricotta e ricotta forte (ricotta "askuante").
Molto buoni sono i panzerotti ripieni con pomodoro e mozzarella, oppure
con pomodoro e ricotta forte.
Un altro piatto tipico è "a cialledde": questo piatto si
prepara con pane casereccio duro. E' un piatto povero però è l'ideale
per le calde serate estive. In una grande coppa si mette dell'acqua
fredda, si schiacciano dei pomodori, un po' di sedano tritato, origano e
sale; si può anche mettere il pepe o il peperoncino e l'olio. Mescolare,
mettere il pane a pezzettini, rimescolare e aggiungere olio d'oliva crudo.
Un altro piatto tipico è quello dei "gnumeredde suffuchete".
Si preparano con trippa ed interiora di agnello ridotte in piccole
porzioni, avvolte in quadretti di trippa e legati a forma di gomitolo con
un tratto di budella. All'interno si inseriscono delle foglie di
prezzemolo e una scaglia di pecorino locale. Una volta preparati gli
involtini si mettono nel tegame pieno di 3/4 di acqua, con cipolle a
fettine e pomodori schiacciati ed un paio di gambi di sedano. Si chiude
con un coperchio e si fa cuocere per alcune ore a fuoco medio. La ricetta
contadina prevede la cottura in una pignata di creta, dove verranno messe
grosse cipolle tagliate a fette.
"I gnummirèdde" sono
pieni di prezzemolo e pecorino, senza sedano e acqua, solo sale e un
pizzico di peperoncino e poi tante cipolle fino al bordo. La prima cosa da
fare è mettere la pignata nel camino, distante dal fuoco in modo che
possa bollire lentamente, la seconda cosa da fare è coprire la pignata
con un pentolino di acqua fredda. La funzione del pentolino pieno di acqua
fredda è quello di far raffreddare il vapore che si crea con la cottura e
di farlo ricadere sottoforma di acqua.
Tra i legumi le fave occupano il posto d'onore. Se vengono mangiate appena
raccolte possono essere accompagnate dalla pancetta e da un bicchiere di
vino oppure lesse in maniera classica.
Caratteristica della zona è la purea di fave bianche. In una pignata di
creta si mettono le fave secche che devono essere sgusciate e tenute a
bagno sin dalla sera precedente. Si aggiunge acqua fino a coprirle e poi
si mette la pignata a cuocere nel camino a fuoco lento. Durante la cottura
bisogna togliere la schiuma che si forma. A questo punto le fave sono
diventate poltiglia. Vengono schiacciate con un grosso cucchiaio di legno
e girate energicamente con l'aggiunta di olio di oliva. Le fave hanno
bisogno di un contorno di verdure spontanee, tipiche di questa zona, come
le "cicorielle" e i "sivoni" oppure di
peperoni o pomodorini fritti.
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