Tradizioni gastronomiche

(ricerca realizzata dagli alunni della classe V di San Marco - a.s. 2000/2001
insegnante di modulo Piepoli Filomena)

La cucina tipica di San Marco, come quella di tutta la zona locorotondese, ha tradizioni molto antiche. E' basata sul modo di cucinare dei contadini, quindi è una cucina molto povera che usa ingredienti forniti dalla terra.
Il principale ingrediente è il grano, tenero o duro. Si prepara il pane con la farina di grano tenero e con la stessa pasta le friselle e la focaccia con pomodoro, olio o origano ("a jarie de furne"). Se alla pasta del pane si aggiungono le patate lesse si prepara la focaccia ripiena di cipolla ("spunzele").
Con la farina di grano tenero poi si fanno i dolci per le feste: i "ficazze fracete", che sono dei biscotti ripieni di marmellate di cotogne ed uva; i taralli bolliti e i grossi taralli pasquali fatti con le uova e ricoperti di "scelèppe"; le cartellate e le pettole con sopra il miele o il profumato "mirequitt" usato dai latini mescolato alla neve fresca.
Anticamente per i più piccoli si preparava con la pasta dei taralli pasquali un dolce a forma di ciambella intrecciata; in esso venivano messe una o più uova fresche e poi veniva cotto al forno e infine ricoperto di "scelèppe" e di granella di tanti colori. Questo dolce veniva chiamato "curruculu".
Per preparare la pasta alimentare vengono usati tre tipi di farina: la semola, la farina integrale ("u riusse") e la farina di grano tenero. Le paste usate sono: le tagliatelle ("a sagne") con ragù, sugo di baccalà o ceci, i "frecidde" con i legumi, e "u tridde" che è un piatto della cucina borghese. Viene anche chiamato Maltrito: è una pasta fatta in casa e ci vuole tanto tempo per prepararla. Con la semola di grano duro si impastano alcune uova e un po' di pecorino, prezzemolo e sale. Si impasta e dopo si stende. Viene fatta asciugare, e dopo si staccano tanti pezzettini che vengono fatti asciugare e dopo vengono cucinati e conditi con brado di tacchino.
Questo piatto veniva consumato a Natale, a Pasqua ma soprattutto veniva preparato per i parenti di qualche defunto; oppure quando nasceva qualche bimbo, però era condito con il brodo dei colombi che erano donati dalla madrina del bimbo appena nato.
Anche le orecchiette ("i recchietedde"), fanno parte della cucina pugliese. E' una pasta fresca preparata in casa, viene chiamata così per la sua forma a cupola con la parte esterna ruvida che assorbe il sapore dei vari sughi, fatti con pomodoro fresco, agnellone e braciole di cavallo. Oppure condite alla crudaiola o con la ricotta.
Le antenate delle orecchiette sono le chiancarelle ("strascenete"), perchè sono a forma ovale come le chianche dei trulli. Vengono preparate con il grano tenero oppure con la farina integrale ("u riusse"). Questo tipo di orecchietta si condisce con cime di rape, pomodoro e cacioricotta, ricotta e ricotta forte (ricotta "askuante").
Molto buoni sono i panzerotti ripieni con pomodoro e mozzarella, oppure con pomodoro e ricotta forte.
Un altro piatto tipico è "a cialledde": questo piatto si prepara con pane casereccio duro. E' un piatto povero però è l'ideale per le calde serate estive. In una grande coppa si mette dell'acqua fredda, si schiacciano dei pomodori, un po' di sedano tritato, origano e sale; si può anche mettere il pepe o il peperoncino e l'olio. Mescolare, mettere il pane a pezzettini, rimescolare e aggiungere olio d'oliva crudo.
Un altro piatto tipico è quello dei "gnumeredde suffuchete". Si preparano con trippa ed interiora di agnello ridotte in piccole porzioni, avvolte in quadretti di trippa e legati a forma di gomitolo con un tratto di budella. All'interno si inseriscono delle foglie di prezzemolo e una scaglia di pecorino locale. Una volta preparati gli involtini si mettono nel tegame pieno di 3/4 di acqua, con cipolle a fettine e pomodori schiacciati ed un paio di gambi di sedano. Si chiude con un coperchio e si fa cuocere per alcune ore a fuoco medio. La ricetta contadina prevede la cottura in una pignata di creta, dove verranno messe grosse cipolle tagliate a fette.
"I gnummirèdde" sono pieni di prezzemolo e pecorino, senza sedano e acqua, solo sale e un pizzico di peperoncino e poi tante cipolle fino al bordo. La prima cosa da fare è mettere la pignata nel camino, distante dal fuoco in modo che possa bollire lentamente, la seconda cosa da fare è coprire la pignata con un pentolino di acqua fredda. La funzione del pentolino pieno di acqua fredda è quello di far raffreddare il vapore che si crea con la cottura e di farlo ricadere sottoforma di acqua.
Tra i legumi le fave occupano il posto d'onore. Se vengono mangiate appena raccolte possono essere accompagnate dalla pancetta e da un bicchiere di vino oppure lesse in maniera classica.
Caratteristica della zona è la purea di fave bianche. In una pignata di creta si mettono le fave secche che devono essere sgusciate e tenute a bagno sin dalla sera precedente. Si aggiunge acqua fino a coprirle e poi si mette la pignata a cuocere nel camino a fuoco lento. Durante la cottura bisogna togliere la schiuma che si forma. A questo punto le fave sono diventate poltiglia. Vengono schiacciate con un grosso cucchiaio di legno e girate energicamente con l'aggiunta di olio di oliva. Le fave hanno bisogno di un contorno di verdure spontanee, tipiche di questa zona, come le "cicorielle" e i "sivoni" oppure di peperoni o pomodorini fritti.